Gian Battista Gaddoni, titolare dell’albergo ristorante Canè di Dozza «Materie prime del territorio per piatti buoni e sani»

«La cucina della tradizione può andare a braccetto con l’innovazione, riscoprendo le materie prime tipiche del territorio: così si possono fare piatti buoni e al tempo stesso sani». Gian Battista Gaddoni, titolare dell’albergo ristorante “Canè” di Dozza, racconta così la filosofia che guida una delle attività simbolo del nostro territorio.

Il fondatore Giulio Canè l’ha gestito dal 1928 fino al 1960. «All’epoca non c’era molto nel panorama dell’ospitalità da queste parti – ricorda Gaddoni -, e l’albergo ristorante Cané rappresentava un punto di riferimento per molti bolognesi per trascorrere un paio di giorni lontano dalla città», ricorda Gaddoni. In seguito la guida del ristorante è passata alla figlia del fondatore, Ione Canè, che se ne è occupata insieme al marito, Giuliano Carreri, fino al 1983, quando son o subentrati Gaddoni e la moglie Giuliana.

Qual è la filosofia del ristorante?

«Definirla solo emiliana o solo romagnola è riduttivo. Siamo ‘terra di confine’ e la nostra cucina inevitabilmente ne è stata influenzata: è emiliano-romagnola, che significa prima di tutto rispetto delle ‘basi’. La pasta ne rappresenta la colonna portante e dev’essere fatta a mano, così rimane più porosa e raccoglie meglio il sugo rispetto a quella fatta a macchina. Poniamo anche grande attenzione ai produttori da cui ci riforniamo. Nel corso degli anni, inoltre, è cresciuta decisamente l’attenzione alla digeribilità e a rendere salutari i nostri cibi senza perdere di vista tradizione e gusto. Ad esempio, una volta il ragù doveva avere uno strato di grasso ‘importante’, mentre oggi sappiamo che gli oli cotti fanno male e si può fare un sugo più leggero, ma altrettanto buono. Un altro elemento è la conoscenza dei punti di fumo che permette fritti digeribili e più sani».

Qual è il suo rapporto con le materie prime e coi vini del territorio?

«Noi ci serviamo quasi esclusivamente di materie prime locali coltivate o allevate da fornitori locali. I polli, le uova (ne utilizziamo circa 2.000 a settimana per la maggior parte dell’anno), le verdure e molto altro provengono dal territorio».

Perché ha aderito al progetto «Cultura del Cibo»?

«Credo sia importante per trasmettere ai giovani e ai bambini la corretta cultura del mangiare bene e sano. Un bambino su tre è obeso e alla base c’è quasi sempre una cattiva alimentazione. La conoscenza e la scienza mettono a disposizione molte nozioni: gli eccessi sono individuabili ed evitabili».

Il vostro cavallo di battaglia ai fornelli?

«Il ristorante nacque con il pollo alla diavola cotto sulla brace di legna, la tagliatella e il tortellone ‘alla moda di Canè’ (ossia servito con burro fuso e dadini di prosciutto cotto). Direi che il primo è sicuramente il nostro piatto più storico, la nostra bandiera. Per farlo occorre un pollo allevato a terra, così ha la carne più consistente; dev’essere ‘maturo’, ma non troppo grosso altrimenti si fa fatica a cuocere sulla brace. E’ un piatto che va fatto ‘espresso’ e necessita di 40 minuti di cottura con un rituale ricco di attenzioni, bagnandolo con olio e gocce di limone finché non diventa ben croccante».

Il suo piatto preferito?

«Sono due, uno di tradizione emiliana e uno romagnolo. Facciamo un brodo buonissimo, senza lesinare con cappone e manzo e ci cuociamo i tortellini, fantastico. Poi le tagliatelle al prosciutto, più leggere rispetto al classico ragù».

 

LA SCHEDA

Luogo: Dozza, via XX settembre 27.

Tipologia: Ristorante con cucina emiliano-romagnola sia tipica, che rivisitata.

Orari d’apertura: Dal martedì alla domenica, dalle 7 all’1.

Contatti: info@ristorantecanet.it; www.ristorantecanet.it

Telefono: 0542/678120

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